Il cece è un legume i cui semi sono utilizzati
nell’alimentazione, e pare siano sono uno dei legumi più
anticamente conosciuti.
E’ di origine Orientale, sembra abbia origine da due diverse
specie spontanee del Sud-est della Turchia.
Il termine Cicer deriverebbe dal greco kikus che significa forza, potenza, e questa etimologia è da ascrivere, con ogni probabilità, alle proprietà afrodisiache e al grande potere nutritivo attribuitigli.
Viene coltivato in Europa, soprattutto in presenza di climi caldi e asciutti, e quindi anche in Italia per lo più nel centro-sud, i semi di ceci sono rotondeggianti e lisci in certi tipi; rugosi, angolosi e rostrati (“a testa di ariete”) in altri. Il colore più comune è il giallo, ma ci sono ceci con tegumento seminale rosso o marrone. Il cece è la terza leguminosa da granella per importanza mondiale e la superficie coltivata nel mondo è di circa 11 milioni di ettari.
Ai tempi dei Romani, i ceci (latyrus sativus) e i ceci
cicerchie (latyrus cicera) furono in un primo tempo
destinati all’alimentazione del bestiame, poi impiegati
per l’uso umano e divennero un ingrediente di forza per
minestre, creme ecc. fino alla Repubblica.
Anche se furono considerati un cibo per poveri i ceci furono
venduti a prezzi maggiori dei piselli.
(Editto di Diocleziano, 25 mazzetti costavano 6,33 soldi).
Essendo ricchi di alcaloidi, i ceci sono amari e, prima di
essere usati in cucina, necessitano di una preparazione
adeguata che è molto semplice: devono essere messi a
macerare nell’acqua calda per lungo tempo e poi si fanno
bollire.
Plinio il vecchio tramanda che i ceci sostituivano
egregiamente il grano in caso di scarso raccolto o di
estrema povertà.